
A causa dell’introduzione del calcolo contributivo e della lunga crisi del mercato del lavoro, che comporta carriere discontinue e con versamenti esigui di contribuzione previdenziale, le nuove pensioni saranno di importo sempre più basso: ecco perché è importante, per assicurarsi, in futuro, un reddito adeguato, aderire alla previdenza complementare.
L’adesione ai fondi pensionistici complementari comporta la possibilità di avere una pensione integrativa, cioè un trattamento ulteriore rispetto alla pensione “principale”, erogata dai fondi di previdenza obbligatori. Ma per la pensione integrativa come fare?
In primo luogo, va chiarito che l’adesione non è obbligatoria, ma facoltativa: tuttavia, per quanto riguarda i lavoratori dipendenti che non abbiano espresso alcuna scelta al riguardo, entro 6 mesi dall’assunzione, l’adesione alla forma pensionistica complementare di settore è automatica.
Inoltre, i contributi versati alla previdenza complementare sono deducibili dal reddito complessivo Irpef sino a un massimo di 5.164,57 euro annui.
Anche la pensione complementare beneficia di una tassazione agevolata: attualmente, si applica sull’ammontare complessivo una ritenuta a titolo di imposta del 15%, ridotta dello 0,3% per ogni anno eccedente il quindicesimo di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione del 6%, a prescindere dall’effettivo versamento dei contributi.
L’ammontare complessivo su cui si applica l’imposta sostitutiva deve essere considerato al netto della parte corrispondente ai redditi già tassati e dei contributi versati, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme dovute per i premi di risultato.
Quali sono le forme pensionistiche complementari?
La legge prevede tre tipologie di forme pensionistiche complementari a cui è possibile aderire, a seconda della propria posizione lavorativa:
i fondi pensione negoziali, o fondi chiusi, sono rivolti solo a specifici gruppi di lavoratori facenti parte di un determinato settore lavorativo; si distinguono in Fondi di categoria, aziendali e regionali. Si tratta di organismi, detti ad ambito definito, istituiti da associazioni dei datori di lavoro e sindacati dei lavoratori;
i fondi pensione aperti sono destinati a tutti i lavoratori, indipendentemente dal settore o dalla categoria di appartenenza; possono essere istituiti direttamente dalle banche, dalle compagnie di assicurazione, dalle società di intermediazione mobiliare (SIM) e dalle società di gestione del risparmio (SGR). Alcuni di questi fondi sono regolamentati da una disciplina specifica (cosiddetti fondi pensione preesistenti);
i Piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (Pip) sono contratti di assicurazione sulla vita, precisamente di ramo I (polizze tradizionali) o di ramo III (polizze unit-linked), istituiti da imprese assicurative, ai quali possono aderire individualmente tutti coloro che intendano formarsi una pensione complementare, al di là dell’attività esercitata.
Come si aderisce alla previdenza complementare?
L’adesione alla previdenza complementare è una libera scelta del lavoratore. Se l’interessato è dipendente e svolge attività lavorativa in uno dei settori la cui contrattazione collettiva o abbia individuato o istituito uno specifico fondo pensione, può migliorare la propria posizione previdenziale, oltreché con la contribuzione individuale e con la destinazione del proprio Tfr (trattamento di fine rapporto), anche grazie alla contribuzione versata dal datore di lavoro.
Anche i dipendenti pubblici hanno fondi negoziali dedicati, non aperti però al personale non contrattualizzato, come i professori universitari, i magistrati e gli appartenenti al comparto difesa e sicurezza.
Come si contribuisce alla previdenza complementare?
Se il lavoratore:
(dipendente) sceglie una forma pensionistica complementare ad adesione collettiva, la sua contribuzione è formata dal Tfr, da un contributo individuale, la cui entità è stabilita dagli accordi collettivi e dalla contribuzione del datore di lavoro; il lavoratore può sospendere in ogni momento la propria contribuzione (facendo però venir meno anche quella del datore di lavoro) lasciando solo il versamento del Tfr;
sceglie una forma pensionistica complementare ad adesione individuale, destina al fondo pensione il solo Tfr, più l’eventuale contribuzione individuale (il datore di lavoro può comunque, volontariamente, contribuire al fondo); se si tratta di un lavoratore autonomo, versa la sola contribuzione a proprio carico (non sussistendo né datore di lavoro, né Tfr).
Destinazione del Tfr
Per quanto riguarda il Tfr, bisogna ricordare che ogni lavoratore dipendente del settore privato, entro sei mesi dall’assunzione, deve scegliere se destinare la propria liquidazione alla previdenza complementare o lasciarla in azienda.
In assenza della scelta sulla destinazione del Tfr, il trattamento in maturazione viene devoluto alla forma pensionistica collettiva di riferimento. Se manca, il Tfr viene destinato al fondo Cometa (in passato era destinato a Fondinps, ma è stato soppresso).
Prestazioni della previdenza complementare
I fondi di previdenza complementare possono riconoscere:
al raggiungimento dell’età pensionabile presso il fondo di previdenza obbligatorio, se vi sono almeno 5 anni di adesione al Fondo integrativo:
la liquidazione dell’intera posizione individuale sotto forma di rendita vitalizia, cioè la pensione complementare;
la liquidazione fino al 50% dell’importo sotto forma di capitale e la restante parte in rendita vitalizia;
la liquidazione dell’intera posizione individuale sotto forma di capitale (solo in ipotesi specifiche);
la rendita integrativa anticipata, o Rita, con un anticipo massimo di 10 anni rispetto alla data di decorrenza della pensione “principale”, presso la gestione di previdenza obbligatoria;
la liquidazione totale o parziale della posizione individuale maturata (riscatto totale o parziale), in determinate ipotesi (inoccupazione superiore a un determinato periodo, invalidità);
l’anticipazione del 75% (spese sanitarie, acquisto o ristrutturazione della prima casa) o del 30% della posizione individuale maturata nel Fondo pensione. (Fonte LPRT)
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